L’anarchico amato da re e Papi è il più nobile dei vini piemontesi

L’anarchico amato da re e Papi è il più nobile dei vini piemontesi

Qual è il più nobile dei vini piemontesi? Tutti pronti a rispondere “Barolo”, vero? Certo, la fila di tedeschi che nella stagione giusta arrivano in questa porzione di Piemonte, tra Barbaresco e Barolo ridotta più a un “parco giochi” che a una cittadina, per caricare le loro auto potrebbe far pensare a tutto questo. Ma il vero re dei vini piemontesi ha una storia più antica, otto secoli almeno dal Medioevo alle tavole dei Savoia. E’ il Grignolino, “anarchico e testabalorda” secondo Luigi Veronelli, il più bianco dei rossi e il più rosso dei bianchi, amato da scrittori e papi, a lungo confinato in quel limbo dei cosiddetti “vini da tavola”, mortificato e snobbato, ma che ora conosce finalmente la sua grande rivincita.

Perché si chiama così

Conosciuto nel Medioevo come “Barbesino”, tramandato nelle cronache dei frati e religiosi del Monferrato – da Casale fino all’astigiano, questo è il suo territorio -, si dice che debba il suo nome alle “grignole”, quei semi contenuti negli acini, ma c’è un modo di dire, in astigiano, che è “grignare”, ossia ridere: la risata che è quasi ghigno, quella di un Franti, di un ribelle, anarchico e testabalorda, quindi. Un vino che non è fatto per i ritmi del consumismo, sosteneva lo scrittore e regista Mario Soldati.

Tratto da TorinoCronaca del 01/03/23. Continua a leggere su:
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